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Fonte : Gazzetta del Sud
Data : 25 marzo 2016
Autore : Antonio Pasceri
Capistrano
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Antonio Pasceri
CAPISTRANO
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Settima intensa di impegni per i fedeli Capistranesi, che oltre alle funzioni liturgiche vivono momenti di tradizioni popolari che si perdono nella notte del tempi.
Fra queste ultime l'accensione di grandi falò che affondano le loro radici al fuoco acceso nel cortile della casa del Sommo Sacerdote Giuseppe Caifa e presso il quale
l'apostolo Pietro negò di conoscere Gesù.
Originariamente il falò era uno solo, quello che da tempo immemorabile è stato sempre acceso nello spazio limitrofo alla chiesa parrocchiale, al quale, poi, si aggiunse,
pare ad iniziativa di mastro Mariano Lo Moro, il falò nella zona alta dell'abitato "arriedi 'u muru", oggi Piazza Colombo. I due falò entrarono subito in
competizione ai fini estetici e quantitativi. L'appartenenza dei cittadini all'uno o all'altro falò è contraddistinta in relazione alle abitazioni poste a valle o a monte
della strada provinciale che attraversa il centro abitato.
I falò sono costituiti da grossi tronchi e da ceppi con le radici ancora attaccate, in modo da far rimanere il fuoco acceso almeno fino a notte di Sabato Santo. I tronchi di
varie piante e le frasche provenienti dalla potatura degli ulivi vengono, per ambo i falò, accatastati a mo' di carboniera.
Le pire notturne saranno
realizzate in Piazza Colombo
e vicino la chiesa
L'accensione dei falò avviene nel momento in cui "u predicatori" (il parroco o missionario predicatore) termina le riflessioni, sempre
emotive ed interessanti, sulla Passione e, quindi sul significato e valore degli ultimi due giorni di vita di Gesù, chiama Maria Addolorata per consegnarle il Figlio Crocefisso,
fra il rullio particolarmente cadenzato e triste del tamburo.
La funzione liturgica termina con la processione dei fedeli che, cantando il "miserere" e pregando, seguendo una grande croce di legno, visitano le Croci, poste
accanto al falò di Piazza Colombo e del Calvario.
A mezzanotte, come tradizione locale, numerosi gruppi di fedeli escono dalla chiesa per visitare (o rivisitare) le Croci, ma, questa volta in modo penitenziale e senza proferire
parola. In caso qualcuno dovesse proferire anche una sola parola o ridere, deve ritornare in chiesa e ripartire per la visita. Per tutta la nottata di venerdì e fino alle
prime ore di Sabato santo molta gente, anche venuta dai paesi vicini, sosta accanto all'uno o all'altro falò, i cui tronchi continuano a mantenere vivo il fuoco per alcuni
giorni e dal fuoco del falò vicino alla chiesa il parroco, nella notte di Sabato santo, dopo aver benedetto il fuoco, ne preleva per accendere il cero che si trova in chiesa.
La tradizione dei falò è stata, per la sua caratteristica ed eccezionalità, ripresa il Venerdì santo del 1966 dalla TV e trasmessa il giorno
successivo nella rubrica "Cronache Italiane".
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Fonte : Gazzetta del Sud del 25/03/2016 - Autore : Antonio Pasceri
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