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Fonte : Gazzetta del Sud
Data : 03 aprile 2015
Autore : Antonio Pasceri
A Capistrano sarà una notte all'insegna del fuoco e della penitenza
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Antonio Pasceri
CAPISTRANO
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In Capistrano la sera e la notte del venerdì santo vi è una tradizione, forse unica nel suo genere che, ogni anno, richiama la presenza di visitatori e che nel 1968 è stata ripresa e trasmessa dalla TV di Stato per la trasmissione "Cronache Italiane".
Si tratta della preparazione ed accensione di due grandi falò, che fino agli anni Cinquanta
avveniva la sera di giovedì santo per poi essere rinviata a sera di venerdì santo. Da fonti storiche, si
apprende che il primo falò ebbe inizio nella notte dei tempi in luogo antistante alla Chiesa parrocchiale (zona
bassa dell'abitato), mentre il secondo, nella parte alta dell'abitato, attuale Piazza Colombo, negli anni 1930, divenendo
in competizione fra loro.
I falò si farebbero risalire all'iniziativa spontanea dei fedeli desiderosi di vivere più concretamente la
vicenda umana vissuta dall'apostolo Pietro.
Difatti, al termine dell'ultima cena, durante la quale Gesù predisse a Giuda che l'avrebbe tradito, il Maestro e
i dodici apostoli uscirono per recarsi nel podere ulivetato di Getsemani e in questa occasione Gesù predisse a
Pietro che, in quella stessa notte, prima che il gallo cantasse due volte, l'avrebbe rinnegato tre volte.
Nell'orto di Getsemani Giuda tradì con un bacio il Mastro che, arrestato, fu condotto al palazzo del Sommo Sacerdote
Giuseppe Caifa per essere interrogato e processato. Gli apostoli, impauriti, fuggirono. Il solo Pietro seguì,
da lontano, fermandosi nell'atrio del palazzo, accanto al fuoco, sperando di sapere la sorte di Gesù. Pietro,
richiesto se anche lui fosse uno dei discepoli, per tre volte negò ed ecco che il gallo cantò e, ricordandosi
delle parole di Gesù, uscì dall'atrio e pianse amaramente.
È probabile che alla fine dell'800
tra le fiamme del Venerdì Santo
siano finiti anche alcuni quadri
attribuibili a Renoir
Entrambi i falò di Capistrano vengono preparati accuratamente, a mo' di carboniera, con tronchi
e rami di alberi che all'uopo i contendenti delle due fazioni portano dai boschi per essere accesi al termine della predica
sulla passione e morte di Gesù, mentre i fedeli escono, cantando inni sacri, dalla chiesa per seguire, in processione,
una grande croce di legno fino alla zona alta dell'abitato (dove vi è una croce) per poi recarsi e sostare al Calvario
e, quindi, ritornare in chiesa, dove i fedeli restano, in preghiera fino a mezzanotte, quando, di nuovo, escono, a gruppi,
per fare lo stesso percorso che in precedenza era stato fatto con la "Croce". Ma questa volta, i fedeli devono
percorrere l'itinerario in silenziosa preghiera personale e penitenziale. Chi dovesse parlare, deve rifare il percorso
penitenziale, ripartendo dalla chiesa.
A vedere i falò, ormai conosciuti anche nei paesi del circondario, giungono anche fedeli e curiosi di altri paesi,
mentre molti giovani si soffermano, per assistere il fuoco, fino alla mattinata del sabato.
I falò, per la consistenza dei tronchi, ardono, di norma, fino a lunedì dell'Angelo. Al falò vicino
alla chiesa, il parroco, nella notte di sabato, inizia la veglia pasquale con la benedizione del fuoco, dal quale preleva
una fiammella per accendere il cero pasquale con il quale entra in chiesa per deporlo sull'altare maggiore.
Una simbologia di straordinaria importanza e commozione, perché il fuoco è il simbolo del sacrificio di
Cristo e del potere santificante di Dio che prende possesso dell'altare e di ciò che su di esso si celebrerà
durante l'intero anno liturgico.
Fino agli anni antecedenti alla seconda guerra mondiale era tradizione che le famiglie bruciassero
nei falò tutto ciò che in casa ritenevano vecchio od inutile e fu, per tale consuetudine, che andarono
bruciati anche vecchi quadri ritenuti di scarso valore o per non avere lo spazio nelle allora piccole abitazioni di uno-due
vani.
Fra questi quadri, secondo quanto si narra, vi furono, verso la fine dell'Ottocento, anche quelli che aveva fatto alle
"mesdemoiselles" uno sconosciuto Renoir che aveva trascorso le festività natalizie 1881-1882 a Capistrano
e rifatto alcuni affreschi (fra cui il sopravvissuto "Battesimo di Gesù"), prima di recarsi a Palermo
per fare il ritratto a Wagner.
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Fonte : Gazzetta del Sud del 03/04/2015 - Autore : Antonio Pasceri
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