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Già nel 1912 Francesco Conti notava che
l'interno della pieve di Santa Maria e San Giovanni Evangelista "a furia di rimodernature e di
restauri" aveva "perduto quasi ogni traccia del lavoro primitivo con danno dell'arte". I
numerosi interventi di riassetto della chiesa, infatti, condotti nel corso dell'Ottocento e del
Novecento, avevano celato le decorazioni pittoriche che, evidentemente, dovevano
arricchire le pareti dell'edificio. Il restauro recentemente condotto nella cappella dedicata
ai Santi Innocenzo e Fiorentino ha permesso di riportare alla luce l'intera decorazione
pittorica esistente, oltre che sulla volta, anche sulle pareti di quello spazio destinato
a conservare le reliquie dei santi patroni.
Il culto delle reliquie dei corpi dei Santi Innocenzo e Fiorentino è da collocare entro
quel grande fenomeno designato col termine di "controriforma devozionale"
che si sviluppò, anche nelle comunità della campagna pisana successivamente alla
scomparsa degli effetti più macroscopici della grande pandemia del 1630. A
partire dalla metà del secolo XVII
infatti, l'iniziativa religiosa che nei decenni della "controriforma disciplinare"
era stata in certo qual modo limitata, si rinnovò con la nascita di nuove associazioni
laicali, con la ripresa di antichi culti popolari e con la diffusione di nuove devozioni. Al
1678 risale la donazione alla pieve della reliquia del corpo del martire fanciullo
San Innocenzo da parte dell'allora Priore della Certosa di Calci Don Basilio
Righi, grazie all'interessamento del pievano Valerio Donati e del medico cascinese
Cristofano Navacchi.
Qualche anno più tardi, come si legge da alcuni documenti conservati all'interno dell'archivio
parrocchiale, i rappresentanti della Comunità di Cascina chiesero all'abate Apollonio Bassetti,
segretario del Granduca Cosimo III, il corpo di San Fiorentino
martire per esporlo a pubblica venerazione, che venne mandato nel 1681.
I governatori rappresentanti la Comunità di Cascina, che erano soliti celebrare ogni anno nel
mese di agosto la festa di San Fiorentino con l'esposizione del corpo, non avevano però
"assegnamenti sufficienti da poter fare detta esposizione con quella pompa e splendore" che
avrebbero desiderato. Con una lettera del 26 agosto 1695 supplicarono perciò il Gran Duca di
concedere loro il permesso di esporre la reliquia nello stesso giorno in cui esponevano quella di San
Innocenzo cioè l'ultima domenica di luglio.
L'altare destinato a conservare le reliquie era dedicato, originariamente, a San Innocenzo e lo troviamo
menzionato nelle Visite Pastorali dai primi anni del secolo XVIII;
durante la seconda metà del secolo assunse la doppia titolazione. A seguito dell'iniziativa intrapresa
dal pievano Isidoro Ballerini, nei primi anni dell'Ottocento, di realizzare una vera e propria cappella dedicata
ai santi, fu costruito, nel 1808, l'altare tuttora esistente. Probabilmente nella stessa occasione furono eseguite
anche le decorazioni pittoriche della cappella, da ritenersi quindi coeve all'erezione del nuovo altare. La
struttura compositiva della cappella riprende i moduli della decorazione a quadrature - allora molto diffusa -
anche se nella rappresentazione illusionistica di taluni elementi architettonici, come gli archi laterali sulla volta,
risulta a tratti incerta.
Sulle pareti, arricchite da finte lesene scanalate, trovano spazio, entro
riquadri incorniciati, le raffigurazioni a monocromo del Martirio di San Innocenzo,
e del Martirio di San Fiorentino. Sopra di esse sono visibili le
personificazioni di due delle quattro virtù cardinali: la Giustizia
raffigurata con la spada e con la bilancia simbolo di imparzialità, e la
Fortezza raffigurata con il leone simbolo di coraggio.
Al centro, la volta della cappella si apre illusoriamente sul cielo popolato di putti e angeli musicanti che
assistono all'Incoronazione dei santi Innocenzo e Fiorentino. La
decorazione centrale della volta, per soluzioni stilistiche rilevabili soprattutto nell'elaborazione dei
panneggi, nell'uso di tipiche tonalità di verde, nell'impiego di elementi decorativi floreali e
nella caratterizzazione dei volti dei personaggi, ricorda i modi di Giuseppe Bacchini, pittore cascinese
allievo di Giovan Battista Tempesti, attestato nei documenti come figurista. Bacchiniani paiono essere
pure i monocromi delle pareti, anche se più corretti nell'impostazioni delle scene e dei soggetti
raffigurati; fino ad oggi questi erano completamenti nascosti sotto strati di pittura a calce che li ha
preservasti da successive ridipinture presenti, invece, sulla parte centrale della volta prima del restauro.
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Autore : Lara Ciampi - Notizie fornite, al tempo, nel 2004 dal parroco don Paolo Paoletti
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